I Lettura:
Sir 24,1-2.8-12
II Lettura:
Ef 1,3-6.15-18
Vangelo:
Gv 1,1-18
Testi di riferimento:
1Re 8,10-11; Pr 8,22-29; Sap 1,4; 7,7; 9,13-17; Is 7,14; 9,5; 11,2; Ger 24,7; 31,33-34; Bar 3,37-38; Ez 37,27; 43,1-5; Mt 28,20; Lc 1,31; Gv 14,26; Rm 8,28-29; 2Cor 4,6; Ef 2,12; Fil 2,6-7; 3,10-14; Col 1,9.16; 2,2-3.9; 1Ts 5,8-9; Eb 1,1-3; 1Gv 1,1-4; 3,2-3; 4,12; 5,20; Ap 7,15; 21,3.23
1. La Sapienza incarnata. Questa domenica collocata fra le festività natalizie, ma che non coincide con nessuna festa particolare, ci dà la possibilità di sottolineare un altro aspetto importante del Natale, quello della Sapienza divina che è discesa dal cielo e che si offre come cibo. Nella prima lettura si parla appunto di questa Sapienza che è uscita dalla bocca di Dio, come una “parola” [Attenzione! La nuova traduzione del lezionario non segue il testo greco]. La Sapienza è ciò che è più vicino a Dio, ciò che Egli ha di più intimo e che quindi può farlo conoscere agli uomini. Così, pur abitando nei cieli, essa cerca un posto sulla terra dove abitare; finché Dio le comanda di “fissare la sua tenda” in Giacobbe. E se continuassimo la lettura del capitolo vedremmo anche che tale Sapienza invita a saziarsi dei suoi prodotti. Essa offre se stessa come il vero cibo che sazia e non nausea (24,18-20). Questo ricorda da vicino il lungo discorso di Gv 6 in cui Gesù presenta se stesso come il vero pane disceso dal cielo per dare la vita agli uomini; tale pane è la sua stessa carne (v. 51).
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