I Lettura:
Is 50,5-9
II Lettura:
Gc 2,14-18
Vangelo:
Mc 8,27-35
Testi di riferimento:
2Sam 19,22; Sal 118,22; Sap 9,13-14; Is 53,3; 55,8-9; Mt 4,10; 7,13-14; 11,25; Mc 1,13.17.20; 10,33-40; 12,10; 14,61; 15,32; Gv 4,42; 6,69; 11,27; 12,25-26; 15,15; At 4,11-12; 13,10; Rm 8,5.17-18; 1Cor 1,20-28; 2,14-16; 1Cor 4,9; Fil 2,5; 3,10; Col 1,24; 3,2; Eb 13,13; 1Pt 1,11; 2,4-8.21-25; Ap 2,10
1. Il Messia sofferente e ammazzato. L'episodio narrato nel brano di Vangelo odierno costituisce un momento centrale nel ministero di Gesù e nell'insegnamento che egli svolge verso i discepoli. Più volte abbiamo constatato come Gesù abbia di mira innanzitutto la formazione dei suoi discepoli, i quali dovranno continuare la sua opera. E in questa formazione – che è oggi ugualmente anche per noi – Gesù deve portarli al riconoscimento della sua persona come il «Cristo, figlio di Dio» (Mc 1,1). Allora nell'episodio odierno siamo, sembra, a buon punto, quando Pietro giunge ad affermare «Tu sei il Cristo» (v. 29). “Cristo” significa Messia. Pietro – e non è per nulla scontato – riconosce in Gesù quella figura salvifica, quel “figlio di Davide”, quel “re d'Israele” (Mc 15,32), quel “figlio di Dio” (Mc 14,61), annunciato dai profeti e atteso dalla fede giudaica come il portatore della redenzione definitiva. Non dimentichiamo che il titolo di Mc riguarda proprio Gesù in quanto “Cristo, figlio di Dio” (1,1). L'affermazione di Pietro ha perciò un rilievo di fede veramente eccezionale, che si distingue nettamente dalle risposte della gente.
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